Primavera a ritmo di jazz

Se la musica è il cibo dell’anima, i concerti sono banchetti a cui gli appassionati non possono rinunciare per nessun motivo al mondo

Giuliano Ceradelli

Componente del Gruppo Cultura - Sezione Musica
Come da consuetudine ormai consolidata negli anni, anche per il 2023 il Gruppo Cultura – Sezione Musica di ALDAI ha organizzato per i Soci e gli appassionati il Concerto di Primavera dedicato alla musica jazz.
L’evento – celebrato presso l’Auditorium San Fedele nella serata di mercoledì 17 maggio 2023 – ha visto una scaletta con una decina di brani di grande richiamo scelti tra il genere mainstream e il genere fusion, attirando così l’attenzione di un folto pubblico di appassionati. La tensione e l'emozione si sono fatte sentire durante l’esibizione dei musicisti, e la serata è stata un momento speciale, carico di adrenalina, che si è trasformata poi in gioia e soddisfazione espressa da tutti i presenti.
Manuela Biti - Presidente ALDAI-Federmananger

Manuela Biti - Presidente ALDAI-Federmananger

Mario Garassino - Presidente Commissione Studi ALDAI-Federmanager

Mario Garassino - Presidente Commissione Studi ALDAI-Federmanager

Giuliano Ceradelli

Giuliano Ceradelli

Infatti, se la musica è il cibo dell’anima, i concerti sono banchetti a cui gli appassionati non possono rinunciare per nessun motivo al mondo. I concerti jazz, poi, solitamente rappresentano lo stato dell’arte della musica “live”. Il jazz è un genere che vive di improvvisazione, che si basa sull’estemporaneità e l’estro artistico dei musicisti. Non può che giovarsi delle esibizioni dal vivo, indipendentemente dai brani in scaletta, perché un jazzista oggi suona ciò che non suonerà domani e ogni giorno inventa nuova musica per il pubblico. A partire da uno stile e fraseggio personale, lo stesso musicista è in grado di regalare nuove emozioni tutte le volte che suona sia come solista che come parte di un gruppo. Per la serata si è esibito un settetto di musicisti che – già in passato – ha saputo conquistarsi un ruolo di prim’ordine nel panorama del jazz italiano: pianoforte, contrabbasso (o double bass) e basso elettrico, batteria, sax tenore, tromba e due tromboni. Il “genere” scelto per la serata, tra la grande varietà di stili e sottogeneri presenti nel jazz, è stato quello mainstream – consolidato tra gli anni ’50 e ’60 – in sinergia con il genere fusion, arrivato sulla scena quasi contemporaneamente e chiamato anche jazz-rock, nato negli anni ’60 tra Inghilterra e USA e poi diffuso in tutto il mondo, favorito dall’apparizione sul mercato di una nuova generazione di strumenti sulla spinta dell’interesse intorno al rock e allo sviluppo di nuove tecnologie. Infatti, tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 del secolo scorso, con il prepotente avvento e la diffusione del rock 'n'roll (vedi Beatles, Elvis Presley e altri), anche i jazzisti – quelli più lungimiranti – desiderosi di esplorare nuovi orizzonti per produrre nuove sonorità, adottarono lo stesso tipo di strumenti dei gruppi rock. Il genere che ne scaturì fu appunto la fusione degli stilemi propri del jazz mainstream con una componente strumentale tipicamente rock, dove gli strumenti elettrici ed elettronici in genere avevano un ruolo predominante nel determinare il suono: piano elettrico, tastiere, syntetizzatori (che hanno enormemente espanso la creatività timbrica dei compositori), basso fretless (cioè senza tasti a 4, 5, 6 corde) e chitarra elettrica, organo Hammond, ecc. Anche gli strumenti a fiato vennero – non solo – amplificati, ma il loro suono iniziò a essere filtrato da banchi di effetti (riverbero, multiphonics, ecc.). La contaminazione fu anche a livello stilistico, sia nell’accompagnamento, dove linee tipicamente funk tendevano a sostituirsi ai più tradizionali accompagnamenti jazz, sia, più in generale, nella struttura dei brani. Il risultato fu quello di dare alla musica ciò che in gergo jazzistico va sotto il nome di groove, intendendo una musica in grado di creare una potente empatia con l’ascoltatore tramite il solo linguaggio ritmico. L’espressione gergale americana di cui sopra in italiano suonerebbe come musica che “ha un bel tiro” e dove il ritmo è particolarmente marcato e piacevole. Il jazz fusion è molto popolare anche ai giorni nostri essendosi evoluto con i suoi derivati funk, smooth jazz, chillout lounge music, jazz rock, ecc. entro un perimetro che nulla ha a che vedere con le musiche da intrattenimento “yuppie” degli anni ’80, alle quali è stato più volte erroneamente accostato. Terminologie improprie a volte scatenano una confusione di fondo con effetti dannosi, specie a lungo termine, quando le condizioni che hanno determinato alcune scelte sono venute meno ed è più complesso decifrarne le ragioni. Una serata in allegria scandita dai ritmi vibranti di un emozionante jazz…


IL REPERTORIO DELLA SERATA DEDICATA AL JAZZ

  • Orbit (Bill Evans, 1967)
  • Humpty Dumpty (Chick Corea, 1978)
  • Young and Fine (Joe Zawinul, 1978 – Arr.to Steps, 1979)
  • So What (Miles Davis, 1959) 
  • Stolen Moments (Oliver Nelson, 1960)
  • IL Mio Amico (Russell Ferrante, 2022)
  • River People (Jaco Pastorius, 1978)
  • My Romance (R. Rodgers, versione Bob Mintzer 2021)
  • Dewey (Russell Ferrante & Jimmy Haslip – Arr.to Bob Mintzer 2022)
  • “Encore” con Cantaloupe Island (Herbie Hancock, 1964)

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