Buchi neri, le frontiere dove il tempo si ferma

Ha fatto grande scalpore la recente pubblicazione della fotografia di un buco nero presente al centro della galassia M87, una gigantesca galassia ellittica che dista circa 50 milioni di anni luce dal nostro sistema solare

Livio Fasiani

Componente del Gruppo Cultura ALDAI-Federmanager
Pur non avendo un particolare valore scientifico, né arrecando un contributo di nuove conoscenze, l’evento ha focalizzato nuovamente l’attenzione del grande pubblico su quegli oggetti misteriosi e affascinanti che sono i buchi neri. Già Newton si era posto un interessante interrogativo suscitato dalla sua teoria della Gravitazione Universale.
Oltre a risolvere brillantemente il problema di determinare matematicamente le orbite planetarie, la teoria di Newton determinava per ogni corpo celeste una velocità limite, detta velocità di fuga, al di sotto della quale nessun oggetto poteva abbandonare il corpo stesso. Per la Terra vale circa 11 Km/secondo. Questa velocità cresce con la massa e con l’inverso del raggio. Newton si domandò cosa sarebbe successo se massa e raggio fossero tali da far sì che la velocità di fuga fosse superiore a quella della luce. Con le conoscenze dell’epoca e senza una teoria della struttura intima della materia la risposta fu incompleta: si ipotizzò che corpi di tal genere fossero stelle nere, cioè stelle così massicce da non riuscire ad emettere alcuna luce. 
Ancora una volta fu Einstein a fornire una risposta agli interrogativi di Newton: con la Relatività Speciale fece della velocità della luce una costante universale immutabile e invalicabile. Con la Relatività Generale fornì la base teorica e matematica per la descrizione spazio-temporale dei buchi neri cento anni prima che potessero essere osservati. Per Einstein i buchi neri sono simili a pozzi senza fondo, strappi nello spazio-tempo, in cui la materia e l’energia precipitano senza alcuna possibilità di ritorno. Nulla può uscire dal buco nero e pertanto esso è totalmente invisibile. 
I progressi della teoria quantistica portarono un altro contributo fondamentale alla comprensione di questi oggetti. Nessuna configurazione nota delle particelle elementari consentiva di raggiungere i limiti di gravità che portano alla loro formazione. Per giungere a questi limiti era necessario frantumare anche le ultime resistenze della materia per raggiungere stati di densità infinita e ignoti alla fisica. 
Più si studiavano i buchi neri e più il mistero si infittiva. 
Fino alla recente fotografia di M87, l’evidenza della loro esistenza si basava su prove indirette, principalmente l’osservazione del comportamento della materia nelle fasi precedenti la caduta nel buco nero. Come l’inabissarsi di oggetti in un grande vortice marino, così, la materia, precipitando in esso, rotea sempre più vorticosamente e si surriscalda emettendo radiazioni in tutto lo spettro. Al di là di certi limiti solo oggetti della gravità dei buchi neri potevano giustificare le osservazioni.
La novità della foto sta nel fatto che i gas incandescenti in caduta evidenziano chiaramente per la prima volta l’ombra rappresentata dal buco nero.
Dove finisce la materia che cade nel buco nero? I buchi neri sono eterni? Possono originare nuovi Big Bang in un altro spazio-tempo? Tanti sono i misteri e le congetture che li riguardano, sia scientifiche che fantascientifiche. Fra le realtà scientifiche i buchi neri hanno contribuito alla recente verifica di un’altra stupefacente predizione di Einstein di cento anni fa: le onde gravitazionali. Si verificherà anche un’altra predizione di Einstein, l’esistenza dei ponti di Einstein-Rosen, cioè canali di comunicazione con altri universi?
Ci divertiremo insieme ad analizzare tutto questo e a scoprire quali risposte è in grado di fornirci la scienza e quali domande restano ancora senza risposta.
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L'incontro si terrà in ALDAI
sala Viscontea Sergio Zeme  - via Larga 31 - Milano
martedì 12 novembre alle ore 17:00

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