E cosa amerò se non ciò che è enigma?

Un artista troppo famoso, Giorgio De Chirico (Volo, 1888 – Roma, 1978), per trovare nuove parole e nuove relazioni fra la sua arte inquieta e la sua vita così ricca di incontri e di esperienze che sono parte essenziale della storia del Novecento, mutilato da guerre devastanti e da scoperte illuminanti.

Ettore e Andromaca, Giorgio de Chirico, 1917

Alberto Cantoni

A Firenze, nel 1910, sviluppa la sua prima ricerca dello spazio indefinito con “L’énigme d’un après-midi d’automne”, ben diverso dal famosissimo “Prélude à l’après-Midi d’un Faune di Mallarmé” (1876) e Debussy (1894) che non casualmente e con il suono dipinge ben altra immaginazione. A Parigi fra il 1911 e il 1915, con il fratello Alberto Savinio, nel Salon des Indépendents si incrociano le strade della pittura sorprendente dei fratelli “italiani” e la magia irreale di Guillaume Apollinaire che riconosce nel giovane italiano il più sorprendente pittore della nuova generazione. Riconoscimento che ha lasciato approvazione, dissenso e sorpresa continua nel tempo, ma non è azzardato affermare che un’opera coma “La torre rossa” del 1913 (Collezione Guggenheim Venezia) non ha uguali nella storia della pittura del primo novecento.
Con Carrà e De Pisis, nel cuore di Firenze e poi a Ferrara lacerato dalla guerra, nel 1917 stende le ragioni della pittura chiamata “Metafisica”, ma in verità per lui pittura del reale nell’irreale e, in continuo e difficile incontro con Savinio, il suo stile singolare sembra svilupparsi in una zona intermedia ove trova spazio il reale e il surreale. Savinio si dedica successivamente alla scrittura ed è nel 1918 che la sua prima opera, l’originalissima “Hermaphrodito”, viene pubblicata dalla rivista fiorentina La Voce. Come il titolo, la chiave di lettura è alterna e trasgressiva “… la figura mitologica dalla doppia sessualità è già di per sé l’incarnazione dell’ambiguo, ma è anche simbolo della perfezione, dell’armonia tra la virilità e la femminilità. L’equivoco è una delle caratteristiche tipiche dell’arte di Savinio che propone una verità molteplice e contraddittoria che a volte va oltre l’apparenza. Basti notare la sua scelta di cambiare cognome”. Non a caso, nella “Nuova enciclopedia”, Alberto Savinio scrive alla voce “paradiso” che in tale luogo avrà forse l’occasione di parlare con il fratello Giorgio De Chirico e comprendersi. Giorgio Manganelli scriverà in tempi non lontani “elusivo, inafferrabile, frivolo e coraggioso, come Ulisse, Savinio è un profugo, un favoleggiatore, un esule, un estraneo: questa affollata Nuova enciclopedia è un libro desolatamente solitario, felicemente solitario. Ilarità e angoscia inseguono il profugo, lo incalzano, vogliono che egli racconti. All’infinito”. In tali parole molti, critici e cultori, hanno visto una compiuta definizione della pittura, del tutto divergente, dei fratelli tanto diversi e tanto sorprendenti, maestri che nella più giovane età non hanno ignorato ciò che tutti ignoravano e che si chiamava Nietzsche. 
Negli anni fra le due guerre, la pittura di De Chirico si allontana sempre più dai compagni di viaggio del tempo giovanile e da Carrà in particolare, sembra oscillare fra le architetture perfette del Rinascimento e lo spazio vuoto di una città senza persone, fra mitologie epiche e ritratti barocchi, fra l’assenza umana del manichino e la dominante fisicità dell’animale in movimento. Il suo sguardo si apre al ritratto come autoritratto caricaturale, alla continua ripetizione di immagini urbane non certo uguali fra loro perché cambia la forza del colore, si modifica la definizione e il vuoto dello spazio architettonico, muta la dominante presenza dell’oggetto umanizzato e non umano, sorprende e coinvolge il vigore dell’animale che balza nel vuoto campestre che non sempre appare di reale natura. Mentre Morandi corre verso il suo personalissimo silenzio degli oggetti immobili, Carrà disegna il corpo umano nella natura e la natura nello spazio infinito del mondo umanizzato. De Pisis frammenta la sua pittura in ambienti ricchi di aria e di colore indefinito, Savinio prosegue la sua strada di complesse architetture e corpi animali con tratti umani, De Chirico “… apre ad una ricerca metafisica della luce e del mito mediterraneo, dando origine a temi come gli Archeologi, i Cavalli in riva al mare, i Trofei, i Paesaggi nella stanza, i Mobili nella valle e i Gladiatori. La frattura con i surrealisti è ormai totale e destinata ad aggravarsi nel tempo a venire” (Fondazione Giorgio e Isa De Chirico).
Non trova ragione predefinita il suo animo spesso contorto, ma profondissimo e sempre alla ricerca dell’essere individuale, per la semplice ragione che l’essere esiste e si rappresenta a modo suo nell’architettura in cui la figura agisce. Può esserne esempio, ripetuto all’inverosimile come per altri soggetti architettonici, il famoso “Ettore e Andromaca” (1917), manichini da sartoria in uno spazio irreale senza apparente vita, umani senza volto definito che possono dare senso al non senso della vita perché partecipi della macchina alienante del tempo meccanico. Forme dipinte con estrema precisione che tutto possono indicare perché non hanno volto e quindi non comunicano nulla se non la ragione di essere e di dover esistere realmente. 
In De Chirico la comunicazione è vicinanza fisica che non ha bisogno di parole per farsi intendere perché ciò che non si può esprimere con le immagini e con le parole si può spesso facilmente esprimere con l’abbraccio, ed è proprio la lontananza fra natura e persona umana, fra persona e persona che porta la nostra società a quello stato di alienazione che non dipende da altri se non da noi stessi che rinunciamo a comunicare e a comprenderci. Quasi un monito anticipatore del mondo occidentale che ai nostri giorni sembra non trovare niente di meglio se non farsi del male.

Gruppo Cultura ALDAI - Introduzione alla retrospettiva di Palazzo Reale su Giorgio de Chirico (25/9/2019 - 19/1/2020)
In preparazione a un ciclo di visite guidate a questa mostra che saranno successivamente condotte da Mario Conti è stata organizzata una conferenza introduttiva di Alberto Cantoni sull’arte di De Chirico. 

L’incontro si terrà in ALDAI
sala Viscontea Sergio Zeme - via Larga 31 - Milano
giovedì 24 ottobre alle ore 15:00 (fine ore 17:00)

Prenotazioni per la conferenza: online, sul sito www.aldai.it sezione "Eventi”  
Per chi non avesse la possibilità di effettuare la prenotazione online è possibile inviare un fax al numero 02/5830.7557 indicando nell'oggetto "Incontro De Chirico”.
Le prenotazioni per le visite successive di Mario Conti (che si svolgeranno in novembre-dicembre) verranno raccolte durante l’incontro oltre che con le consuete modalità (dopo la sua mail di lancio, con la scheda informativa su date e orari e costo)
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013

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