Ernest Hemingway: l’uomo e lo scrittore

“Se è tutto bello non ci puoi credere. La realtà non è così” E. Hemingway

Daniela Savini


Quando all’università mi imbattei in Lord George Gordon Byron, rimasi colpita dalla sua figura carismatica che era diventata tanto famosa nell’Europa intera del XIX secolo, non solo per la sua arte, ma anche per il suo stile di vita. 
Giovane, bello, pensieroso e dannato, impersonò a meraviglia, assieme ai suoi eroi che tanto gli somigliavano, il modello per eccellenza per più di una generazione romantica; aveva intuito che abbinare alla propria opera un’immagine in sintonia avrebbe moltiplicato la forza d’urto del suo messaggio. Aveva, quindi, scelto di incarnare per la sua epoca un personaggio molto vicino agli eroi dei suoi libri: il bel tenebroso, irresistibile e fatale, estraneo alla vita comune, attratto solo dalle sfide e dal rischio.
Alla fine, tanta era l’immedesimazione che risultava difficile capire dove finiva l’eroe byroniano e dove iniziava la vita avventurosa dell’uomo.

Queste riflessioni mi sono ritornate alla mente ora che mi accingo a scrivere un breve articolo su Ernest Hemingway, il primo degli autori che verrà trattato nell’ambito del ciclo sulla letteratura americana dagli anni Venti agli anni Cinquanta, che quest’anno la sezione letteraria del Gruppo Cultura propone ai propri affezionati. 
Ma chi fu Ernest Hemingway?

Uomo e scrittore, spesso i due piani si confondono permeandosi a vicenda. La sua fu una letteratura che si inseriva in una vita intensamente vissuta, che diventava emanazione di un’esistenza che, impressa in modo inimitabile e del tutto personale, portava a galla tutte quelle contraddizioni che convivevano nella sua persona.
Hemingway fu il giovane volontario della Croce Rossa sul Carso durante il primo conflitto mondiale, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare e della Croce al Merito; lo scrittore della Lost Generation nella Parigi degli anni Venti; il volontario che prese parte alla guerra civile spagnola come corrispondente di guerra nelle file dell'esercito popolare repubblicano; il reporter di razza in Europa e in Asia; il boxeur; l’”aficionado” della corrida; lo sciatore; il cacciatore nei boschi del Missouri e nei safari in Africa; il pescatore di marlin al largo di Cuba; il seduttore; il grande bevitore.

Ma, oltre al personaggio di copertina, la cui virilità e il cui dinamismo furono spesso utilizzati per costruire il suo mito, fu anche l’uomo tormentato, disilluso, pieno di smarrimenti, sempre in lotta con la morte; l’uomo che, per rispondere ai colpi della vita, oppose di riflesso una grinta battagliera, appassionata ed eroica che si tradusse in una continua sfida ai propri limiti e alle forze esterne e che fece della scrittura un’esperienza salvifica.

Raccontare uno scrittore come Hemingway non sarebbe, quindi, possibile senza seguire le tappe della sua intensa biografia, perché vi fu un intreccio indissolubile tra vita e scrittura, soprattutto se è vero che la legge fondamentale della sua disciplina di scrittura fu quella di narrare solo di ciò che si conosceva a fondo.
La sua attenzione era rivolta alla descrizione di ciò che accadeva proprio intorno a lui; ogni suo libro non dimenticava di descrivere delle situazioni particolari, nel senso che erano di quella gente, usi e costumi, modi di dire, di comportarsi che appartenevano a quelle specifiche persone.
Al padre, che lo rimproverava per la durezza della sua narrativa, rispondeva che nei suoi racconti cercava di cogliere la sensazione della vita vera, in cui sono presenti, oltre al bello, il brutto e il cattivo, perché “se è tutto bello non ci puoi credere. La realtà non è così”.  

Il suo fine ultimo di fare letteratura fu, quindi, uno solo: raccontare la vita, con uno stile di scrittura personalissimo, duro e brillante, in anticipo sui tempi, ottenuto attraverso un perfezionamento durato anni e un lavoro continuo ed esigente e che gli valse nel 1954 il Premio Nobel per la Letteratura per la sua capacità di “influire sullo stile contemporaneo con la forza e la freschezza del suo talento artistico”.

La sua scrittura, quasi impersonale e distaccata, che diventava un testimone degli eventi che narrava, può essere accostata sia al Realismo francese o al Verismo italiano, sia alla famosa teoria del Correlativo Oggettivo di T. S. Eliot, senza, però, alcuna esibizione di cerebralismo; Hemingway paragonò la sua tecnica narrativa a un iceberg di cui vediamo solo una parte mentre il resto rimane nascosto, così che nei suoi scritti ogni elemento esplicito e visibile nascondeva qualcosa di non visibile, lasciato all’interpretazione del lettore.
Questa tecnica veramente rivoluzionaria influenzò gli scrittori del suo tempo e delle generazioni future.

La dualità uomo-scrittore fu evidente anche negli ultimi anni della sua vita, quando, appesantito da problemi di salute, da un alcolismo ormai fuori controllo e da varie manie persecutorie, l’uomo avventuroso e ardimentoso si trovò incapace di rassegnarsi alla mediocrità del monotono vivere quotidiano e lo scrittore, da sempre dotato di un dinamismo irrefrenabile, temette di non poter più scrivere e raccontare una vita piena di avventure e di passioni, anche se riuscì a scrivere Festa mobile, un libro di ricordi degli anni parigini, pubblicato postumo nel 1964, che conservava la nostalgia e la memoria dei ruggenti anni Venti e aveva una freschezza degna d’una stagione letteraria più felice.

Era l’alba del 2 luglio 1961 quando lo scrittore si uccise con un colpo di uno dei suoi fucili; un epilogo estremo che rappresentava il desiderio di possedere la “sua” morte, per non dovere un giorno subirla e che riprendeva il tema dominante della sua vita artistica: la continua sfida alla morte.
Del resto, la morte non gli aveva fatto paura nemmeno la prima volta che lo aveva sfiorato vicino al Piave durante la Grande Guerra, come scrisse in una lettera al padre: “Morire è una cosa molto semplice. Ho guardato la morte e lo so davvero. Se avessi dovuto morire sarebbe stato molto facile. Proprio la cosa più facile che abbia mai fatto… E come è meglio morire nel periodo felice della giovinezza non ancora disillusa, andarsene in un bagliore di luce, che avere il corpo consunto e vecchio e le illusioni disperse”.

SAVE THE DATE

L’incontro Ernest Hemingway: L'uomo e lo scrittore si terrà
mercoledì 7 maggio 2025 alle ore 17:00 
in ALDAI, in Sala Viscontea Sergio Zeme
Per partecipare è necessaria la registrazione su www.aldai.it


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