Giorgio Morandi: conoscere per dipingere
L'incontro dedicato alla presentazione della mostra di Giorgio Morandi si terrà giovedì 14 dicembre 2023 alle ore 17:30 a Milano in ALDAI Federmanager.
Alberto Cantoni
Componente del Gruppo Cultura
Scrivere nel nostro tempo qualcosa di sensato e di interessante su Morandi tanto da essere letto è cosa ardua anche per il meglio della critica e ancora di più per un semplice appassionato che, pur con tutta la buona volontà, cerca di trasmettere le proprie riflessioni in vista della mostra a Palazzo Reale di Milano. C’è però un antecedente, in letteratura, uscito dalla penna di Virginia Woolf, che può dare una traccia da seguire ed è scritto esattamente nelle prima righe del suo saggio A Room of One’s Own del 1929 dove, invece di esporre le proprie idee come richiesto per una conferenza nei college femminili dell’Università di Cambridge sul tema “La Donna e il Romanzo”, data l’imprecisione e la vastità del tema, la Woolf decide di esporre il suo pensiero su quali debbano essere le condizioni sociali e culturali per permettere a una donna di essere scrittrice. Su questa strada qualcosa di interessante e non sempre dovutamente trattato può essere trovato e quindi aprire un dialogo non tanto fra chi scrive e chi legge, poca cosa, ma fra chi vuole onorare Morandi con un’attenta vista a Palazzo Reale e Morandi stesso che vive e parla nelle sue opere.
La scelta di seguire un percorso di vita fatto di studio e di riflessione dei valori antichi, delle presenze irrinunciabili per la pittura come Giotto, Masaccio, Piero della Francesca e Giovanni Bellini, delle illuminanti incisioni di Rembrandt fino ai valori del tardo Ottocento francese e soprattutto di Cézanne, è stata per Morandi la ragione di essere pittore, di individuare una strada propria – e mai abbandonata – senza nulla togliere alla consapevolezza di quanto stava accadendo alla cultura e alla pittura del suo tempo. Il museo è stata la sua scuola e l’occasione unica della XII Biennale di Venezia del 1920 quando gli fu possibile vedere dal vivo per la prima volta proprio i tanto desiderati lavori di Cézanne. Dal continuo imparare da tali maestri, da un continuo e silenzioso riflettere nel proprio intimo, frequentando gli ambienti della pittura e della cultura a lui contemporanea, che evolveva nel tempo secondo canoni non sempre da lui condivisi, da tutto questo è nata la sua strada. Consapevole del Futurismo, ma non sottomesso, attento all’esperienza di De Chirico, Carrà e Savinio, aperto alla frequentazione di Ardengo Soffici pittore e scrittore, partecipe del rinnovamento culturale sostenuto da Cardarelli e Ungaretti, proprio Ungaretti così ermetico ma fulminante nella sua capacità di esprimere in poche parole un infinito del dolore umano, mai condizionato dal mercato dell’arte ma aperto, pur con alterne vicende, alle voci attente di critici come Francesco Arcangeli che negli anni Cinquanta cercavano di penetrare ciò che Michel Tapié aveva definito Art Autre. Morandi proseguiva con determinata convinzione la sua strada consapevole che ogni sguardo, ogni riflessione e ogni momento avrebbe potuto trarre qualcosa di nuovo da quei pochi oggetti fedelmente conservati nel suo studio e sempre dipinti con un nuovo senso del loro valore e rappresentati con rinnovata emozione e profondità di visione.
Illuminante può essere la storia della sua biblioteca, fatta di moltissimi libri d’arte e di pochi ma fondamentali libri che portano il nome di Leopardi e di Dino Campana e dei suoi Canti Orfici tenuto nella sua stanza con – nel cassetto del comodino – pagine del Vangelo di Marco. Forse incomprensibile può apparire la sua distanza dalla ricerca dell’essenza del suono e del silenzio del suo contemporaneo Anton Webern, musicista che ha rappresentato per il secondo Novecento un punto di non ritorno, ma riflettendo su chi è stato Morandi e sulla sua presenza unica di pittore non imitabile, anche se ammirato da grandi presenze come Licini e dal concittadino Sergio Romiti, la sorpresa può essere risolta dal fatto che è stato Morandi stesso maestro dell’essenzialità, del ripetersi senza mai essere uguale e superfluo, dell’avere ferma la sua rotta fino alla fine.
L’ultima opera che Morandi ha lasciato sul cavalletto del suo studio prima di morire è così descritta nel catalogo del Museo Morandi di Bologna: “…non si tratta di un lavoro incompiuto e ciò testimonia della dolente lucidità che un artista, giunto al termine del tempo consentitogli…, ha la forza di portare a termine il suo ultimo quadro sapendo che è l’ultimo, e di non iniziarne un altro che sa di non poter concludere”. Lucida coscienza del suo cammino e dei suoi limiti invalicabili.
Chi desidera visitare la mostra a Palazzo Reale, lasci fuori gli altisonanti proclami delle case d’asta sui record di prezzo delle sue opere, guardi con attenzione tutto il suo cammino e la sua straordinaria capacità grafica, approfondisca la storia e la cultura del Novecento in cui Morandi ha vissuto ed è stato silenzioso protagonista e con l’amore per il reale e il vero che ha animato Morandi in tutta la sua vita potrà ricevere dal dialogo con lui valori che non potranno mai perire. Essere, non Avere.
SAVE THE DATE
L'incontro dedicato alla presentazione della mostra di Giorgio Morandi si terrà
giovedì 14 dicembre 2023 alle ore 17:30
in Sala Viscontea Sergio Zeme
Per partecipare è necessaria la registrazione su www.aldai.it
01 novembre 2023