A difesa delle pensioni: i ricorsi, la politica

A periodi storici particolarmente attenti alla protezione del “rischio vecchiaia” e alla valorizzazione dei trattamenti pensionistici, è venuto a sostituirsi il tempo del restringimento. Ora coinvolge i trattamenti in atto, ma occorre impegnarsi perché non siano compromessi anche quelli futuri. Parliamone

Antonio Dentato   

Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager








La stretta è cominciata a metà degli anni ’80 del secolo scorso, ma si è accentuata nei primi 20 di questo secolo. Non sempre per migliorare le pensioni più modeste, come si racconta; non in applicazione del principio della «solidarietà endoprevidenziale», come si propaganda.

Non è più questo il punto di mediazione tra l’esigenza di reperire risorse all’interno del sistema previdenziale e l’equilibrio di bilancio (Art. 81 Cost.). Nella successione delle politiche previdenziali si è determinato un totale rovesciamento di posizione: diritti e interessi dei pensionati sono diventati subalterni a una serie di situazioni e circostanze che, invece, hanno assunto un rilievo primario. Che cosa è accaduto? Pur nei limiti di un articolo, cercheremo di comprendere come, nel corso degli anni, le pensioni siano state assoggettate a continui trattamenti depressivi, e valutare se esistono margini e nuovi percorsi per invertire la tendenza. A questo fine, in breve sintesi, faremo riferimento alla giurisprudenza costituzionale, in connessione con la giurisprudenza comunitaria e alle osservazioni della dottrina giuridica in materia. 

Il bilanciamento

Nella Documentazione parlamentare del 5 luglio 20221 leggiamo che, a partire dalla seconda metà degli anni ’80, la Corte costituzionale ha fornito il proprio contributo per invertire le spinte espansionistiche insite nel sistema pensionistico, valorizzando il principio del bilanciamento complessivo degli interessi costituzionali nel quadro delle compatibilità economiche e finanziarie. Già da quegli anni (Sent. n. 180/1982 e n. 220/1988), la Corte ha affermato il principio della discrezionalità del legislatore nella determinazione dell'ammontare delle prestazioni sociali, tenendo conto della disponibilità delle risorse finanziarie. Comunque, non un discrezionalità illimitata, senza regole, ma circondata sempre, e in ogni caso, da limiti, definiti dai “principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza”2. E, infatti, le decisioni del legislatore sono state censurate dalla Corte (sia pure, il più delle volte, soltanto con moniti) nei casi in cui la normativa si è presentata manifestamente irrispettosa di tali principi. 

In sintonia con la giurisprudenza costituzionale nazionale, anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU – Strasburgo), a sua volta, ha supportato misure di contenimento della spesa previdenziale, soprattutto a fronte delle crisi economiche che, da oltre un decennio ormai, si rincorrono in Europa. Anche sentenze della Corte europea hanno riconosciuto ampia discrezionalità al legislatore nazionale in materia di legislazione sociale ed economica3
Più in generale, nel disporre sentenze aventi ad oggetto diritti sociali, la Corte di Strasburgo si è trovata dinanzi alla difficile situazione di formulare una gerarchia tra questi e i vincoli di carattere finanziario degli Stati. In più occasioni ha dato priorità alle esigenze espresse dal legislatore nazionale, obbligato a rimediare a gravi difficoltà di bilancio o a risanare in modo durevole la situazione finanziaria dello Stato a protezione della stabilità della zona euro, come stabilito dalla legislazione dell'Unione Europea4
Nell’ampia discrezionalità riconosciuta al legislatore nazionale, anche la giurisprudenza CEDU, ha posto limiti alla discrezionalità del legislatore richiamandosi ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza5

L’orientamento della giurisprudenza appena esposta si trova ben riepilogata dalla dottrina giuridica, particolarmente nel saggio citato in nota6. Viene spiegato come, da quella giurisprudenza, emerga la ricerca di un punto di equilibrio tra i diritti degli attuali pensionati e la garanzia del «mantenimento di un “nucleo essenziale” dei diritti di coloro che usufruiranno, un domani, di prestazioni previdenziali». 
In maniera più generale, il rapporto tra discrezionalità, equilibrio di bilancio e diritti previdenziali, la ricaviamo da un’autorevole lezione, che facciamo nostra: “la composizione dei valori e dei principi è funzione primaria della politica non della giurisprudenza, ma alle corti spetta, tuttavia, stabilire i limiti oltre i quali, ragionevolmente, il bilanciamento operato dalla legge sconfinerebbe in sopraffazione7.
 

Tra vincoli e condizionamenti

Dobbiamo riconoscere, purtroppo, che – nella successione delle leggi in materia previdenziale del nostro Paese – non è sempre riscontrabile il rispetto del punto di equilibrio tra le esigenze del pubblico bilancio e il diritto dei pensionati. Pur nei limiti delle nostre ricerche, più dei vincoli e dei principi, sembra siano prevalsi i condizionamenti provenienti da gruppi d’interesse o dalla esigenza di acquisire vantaggi da un consenso «popolare diffuso»8

Valgano, come esempi: 
  1. il dispositivo finalizzato semplicemente ad accantonare soldi in un «Fondo risparmio sui trattamenti pensionistici di importo elevato», senza nessun vincolo di destinazione, senza nessuna “finalità solidaristica endoprevidenziale”9
  2. la politica delle sperimentazioni di pensionamenti agevolati. Emblematica, da ultimo, l’operazione Quota 103 di cui alla Legge di Bilancio 2023: “I beneficiari previsti sono 49mila che, al massimo, rispetto a quanto già previsto, potranno uscire qualche mese prima. Per garantire questa operazione, a 3,3 milioni di pensionati viene manipolata per due anni la perequazione automatica”10. Gli effetti di questa manipolazione (la settima a partire dall’inizio del secolo) porterà, solo essa, le perdite che si possono leggere in nota11.
Sono gli esempi più recenti. Perché l’elenco è molto più lungo. In poco più di vent’anni, con motivazioni molteplici e diverse, sono state applicate altre 6 misure legislative per modificare in peggio il meccanismo di adeguamento della pensione al costo della vita (perequazione); e 5 cosiddetti “contributi di solidarietà” (di cui uno per 6 anni – 2012/2017 – solo a carico di ex iscritti a Fondi speciali quali ex Fondi Volo, Telefonici, Elettrici, Ferrovieri, Ferrotranvieri, Inpdai, tutti confluiti nell’Inps) una sorta d’imposta aggiuntiva sul reddito dei soli pensionati. Perché questi “contributi”, sia pure formalmente fuori dal perimetro dell’Irpef, operano come l’Irpef e con questa s’intrecciano12

Stravolgimento del sistema e correttivi 

Misure utilizzate non per fronteggiare, di tanto in tanto, situazioni di particolare emergenza; piuttosto, dispositivi che nella loro continuità ultraventennale si sono stabilizzati. Ne risulta un sistema pensionistico stravolto. 
I termini appena utilizzati offrono l’occasione per proporre un’espressione, che, sebbene riferita a situazioni di più vaste proporzioni, può valere come insegnamento generale: “L’emergenza che si stabilizza si trasforma in eccezione” 13
Tutto questo genera continua tensione fra i pensionati e le loro famiglie, e domanda, pertanto, l’attivazione di iniziative volte a fermare la tendenza in atto, anche per garantire certezza ai futuri pensionati. 

Funzione dei ricorsi

I pensionati hanno utilizzato gli unici strumenti di difesa loro consentiti: hanno presentato ricorsi, attivando procedure che hanno corretto norme irrispettose dei “principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza” 14

Non solo questo risultato hanno prodotto i ricorsi. Perché a leggere quelle decisioni della Corte Costituzionale, si può constatare la particolare importanza delle motivazioni e considerazioni che le accompagnano; valutazioni su aspetti critici di attività normative in atto che forniscono orientamenti per nuove soluzioni. Così, a proposito della lunga fila di misure restrittive sulle pensioni, la Corte segnala come “l’intervento legislativo evidenzi il carattere sempre più strutturale del meccanismo di azzeramento della rivalutazione e non quello di misura eccezionale, non reiterabile” (Sent. Cost. n. 70/2015). E, inoltre, che il ripetersi delle misure riduttive fa “emergere l’esistenza di una debolezza sistemica, difficilmente governabile per il tramite di interventi necessariamente temporanei” (Sent. Cost. n. 234/2020). 
La dottrina, a sua volta, sulla scorta delle Sentenze Costituzionali, da tempo denuncia quanto siano “intollerabili gli interventi sui trattamenti pensionistici già in essere, come il blocco della perequazione automatica, ovvero le cosiddette contribuzioni di solidarietà, che alterano gli equilibri già consolidati nei confronti di soggetti che non hanno più l’opportunità di procurarsi redditi da lavoro alternativi”15
 

L’altra dimensione

Sollecitazioni, considerazioni, richiami, moniti, sono rivolti tutti a un unico interlocutore: la politica. Ma, dalla parte della politica, non si avvertono segni evidenti di volersene far carico. Siamo nel tempo definito efficacemente “l’età dei diritti che costano”. Vogliamo dire l’età del diritto alla salute, all’istruzione, all’assistenza, alla previdenza: i cosiddetti diritti sociali. 

Limitatamente alla previdenza, per la parte su cui ci siamo soffermati nel corso dell’articolo, una breve conclusione. La sua componente monetaria, la pensione, risulta costantemente compromessa dai condizionamenti finanziari, e mai difesa e accompagnata da riflessioni sulla dimensione umana: sullo sforzo compiuto per acquisirla, sui posti di responsabilità ricoperti e sui rischi connessi, sul livello e quantità di lavoro svolto, sui meriti. I ricorsi, essenziali per promuovere nuove interpretazioni e innestare processi che siano correttivi di norme irrispettose dei limiti d’intervento sulle pensioni (ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza), a nostro modesto avviso, non basteranno, essi soltanto, a fermare gli interventi riduttivi che si ripetono da oltre vent’anni. Malgrado l’assordante silenzio sull’argomento, è ancora alla politica che occorre rivolgersi, stimolandone l’attenzione. Occorre promuovere iniziative perché al di là dei ricorsi (indispensabili, nel senso appena detto) sia la “discrezionalità” del legislatore, e quindi della politica, a ricercare misure alternative in grado di agire sulla spesa pensionistica, quando e se necessario; e, che, pertanto, gli interventi modificativi o sperimentali in materia previdenziale non si traducano, sempre e in ogni caso, in prelievi a carico di una sola categoria sociale. Una minoranza di pensionati. Ma questo appartiene al modello di un’equilibrata politica distributiva delle risorse, tutta da recuperare, cui è fondamentale proprio l’apporto dei pensionati e delle Organizzazioni che li rappresentano.
NOTE
  1. Camera dei Deputati, Documentazione parlamentare, focus 5 luglio 2022, Politiche per il lavoro e previdenziali, Giurisprudenza costituzionale in materia previdenziale
  2. Corte Cost. Ord. n. 256 del 2001; Sent. n 70 del 2015, Sent. n. 316 del 2010, Sent. n. 234 del 2020 
  3. Cfr. ECHR (CEDU) Judgment 14.05.2013, Second Section, Case of N.K.M. v. Hungary, n. 66529/11.  
  4. Cfr. CEDU, Décision 15 07 Mai 2013, Première Section, Koufaki et Adedy c. Grèce. 
  5. Cfr. CEDU, Arrêt 13 Décembre 2016, Grande Chambre Affaire Béláné Nagy c. Hongrie. 
  6. Cfr.  M. E. Locci Il Diritto alla pensione, il legittimo affidamento e i diritti quesiti, in Pensioni del settore pubblico e sostenibilità, pp.128-129, Ed. Giappichelli, 2021, Torino.
  7. V. G. Zagrebelsky, Tempi difficili per la Costituzione, Gli smarrimenti dei costituzionalisti. p. 67, Laterza, 2023. 
  8. Per approfondimenti sugli interventi in materia pensionistica (2009-18) e relativi condizionamenti, v. I. Guardiancich e D. Natali, Tra disintermediazione e concertazione: la difficile alternanza del policy making sulle pensioni in Italia, in Stato e mercato, Fascicolo 2, agosto 2019, il Mulino, pp. 271 sgg. 
  9. V. l. 30 dicembre 2018, n. 145, C. 265. 
  10. V. Articolo Riforma pensioni 2023-2024, il punto al 15 aprile: l’intervista a Giuliano Cazzola in Riforma Pensioni. V. Art. 1, comma 309, legge 29 dicembre 2022, n. 197.
  11. Giusto per dare un’idea numerica dell'enorme svalutazione delle pensioni nel decennio dal 2024 al 2033, ipotizzando un’inflazione molto prudenziale del 2% annuo, le rendite di 2.500 euro lordi perdono circa 13mila euro, quelle da 5.253 euro lordi circa 69mila euro, che diventano quasi 92mila per pensioni intorno ai 7.500 euro lordi e, come minimo, oltre 115mila per quelle da 10mila euro lordi in su, cifre che per l’effetto trascinamento si sommano alle già pesanti perdite di potere di acquisto degli anni precedenti […]. Insomma, nei prossimi 10 anni questi pensionati meritevoli oltre a sobbarcarsi il grosso dei 56 miliardi di IRPEF che gravano sulle pensioni si vedranno ingiustamente defraudati di altri 45 miliardi circa.  (Per informazione il testo è ripreso da Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate 2022 -  La svalutazione delle pensioni oltre 4 volte il minimo, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 16 dicembre 2022, con il contributo di CIDA).
  12. Cfr. Corte dei Conti: Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica.
  13. V. G. Zagrebelsky, cit.  p. 74. 
  14. V. Sent. Cost. n. 316/2010 e richiami a sentenze n. 372 del 1998 e n. 349 del 1985. Il principio di ragionevolezza viene ricondotto agli artt. 3 e 97 Cost. Il principio di proporzionalità rappresenta un principio di teoria generale che rientra tra i criteri generali di giustizia. Approfondimenti: v. S. Sciarra. Prove di solidarietà in alcune sentenze della Corte costituzionale in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, Fascicolo 2, giugno 2019.
  15. R.  Pessi, Ripensando il welfare in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, Ed. Il Mulino - Rivisteweb   Fascicolo 3, settembre 2013.

2 commenti

A. C. :
L'argomento è di tale importanza che bisogna avere il coraggio e la volontà di contattare i vertici dello Stato, il Capo dello Stato stesso se necessario, e di dialogare con loro su tale problema vista la distruzione di valore che ne deriva per tutti noi. Credo che oggi si stia facendo molto ma troppo a livello non determinante, ricorsi, singoli partiti e sottosegretari non possono garantire quanto è necessario per poter incidere veramente sulle decisioni dello Stato. E' impensabile che la CGIL conti più dell'associazione dei dirigenti perché i dirigenti valgono almeno come tutto il mondo del lavoro operativo. Dirigere è essenziale e il valore è e deve essere sostenuto anche nel rispetto delle regole delle pensioni come da noi sempre voluto e pagato in contributi.
giovedì 20 luglio 2023 12:00
Antonio Dentato :
Caro Amico, hai ben ragione a mettere in risalto i valori che la Dirigenza ha nella gestione delle imprese pubbliche e private, come nelle diverse istituzioni pubbliche. Valori che, certo, non sono inferiori a quelli degli altri lavoratori. Per riferirmi alle tue osservazioni: non è che si stia facendo poco per proteggerli, questi valori. Piuttosto accade che mentre non viene dato il giusto riconoscimento alla funzione sociale e produttiva della Dirigenza, a prevalere sono altre esigenze cui la politica dedica maggiore attenzione, anche perché la politica vive di consensi. Soprattutto dei consensi delle maggioranze che ne sostengono i programmi. E i pensionati, quelli che vivono delle loro pensioni, e continuano a pagare le tasse, assicurando il gettito più consistente dell’Irpef, sono, purtroppo, una minoranza. Si spiega così anche il completo stravolgimento del sistema previdenziale dal quale si continua ad attingere risorse per sperimentare anticipi pensionistici: il costo è messo a carico dei soliti noti mediante la sospensione o peggioramento del meccanismo di perequazione; o, si continua a prelevare per sostenere le attività assistenziali, i cui oneri dovrebbero essere posti, invece, esclusivamente a carico della fiscalità generale. A fronte di queste misure che falcidiano le pensioni da oltre 20 anni, i pensionati, purtroppo, non posseggono strumenti democratici di contrasto. Non possono opporre lo strumento dello sciopero, né sono dei commercianti che possono scaricare le perdite sui prezzi e quindi sulla clientela, non sono dei professionisti che possono aumentare le loro parcelle. Non hanno altro strumento che i ricorsi giudiziari dai quali non sempre arrivano i risultati attesi. E, tuttavia, bisogna insistere, perché non è detto che ne derivino sempre risposte negative: anche la giurisprudenza cambia nel tempo, secondo le evoluzioni economiche e sociali del Paese. Nel contempo, intanto, le nostre Rappresentanze continuano a fare il loro lavoro, con confronti nelle sedi della politica, ai diversi livelli decisionali, in rispetto delle regole del sistema democratico. Insomma, fronteggiano gli interventi riduttivi, quelli più sproporzionati. Anche in questo caso i risultati non sempre corrispondono alle attese: tutto questo deriva dalle circostanze e dai momenti della vita sociale, e deriva dagli interlocutori incontrati che a volte mantengono le promesse fatte, altre volte semplicemente “se ne dimenticano”. A noi, come pensionati, spetta un altro compito, che poi è un dovere: renderci attivi e non smettere mai di far sentire la nostra voce dovunque e in tutti i modi che ci sono consentiti (con la parola, con gli scritti, con la partecipazione alle manifestazioni indette delle nostre Rappresentanze, ecc.). Renderci attivi, come dovere, per contribuire a formare un’opinione pubblica, e, di conseguenza, la politica che rispetti i meriti acquisiti con il lavoro, con le responsabilità ricoperte, i ruoli pubblici sostenuti, che tenga conto degli alti contributi pagati per costruire un futuro pensionistico dignitoso, e versando sempre, nel contempo, fino all’ultimo centesimo, le imposte dovute. Grazie caro amico, per l’attenzione che hai voluto dedicare al mio articolo e per l’occasione che mi hai dato nel ribadire alcuni concetti in esso esposti. Antonio Dentato
giovedì 20 luglio 2023 12:00
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