Legittimità del contributo di solidarietà

Preoccupante decisione della Consulta che lede il principio di uguaglianza e di certezza del diritto, mettendo a rischio i concetti stessi di proprietà privata e di libertà individuale.

Alberto Brambilla

Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

La Corte Costituzionale ha dichiarato il 5 luglio scorso legittimo il contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate, da 14 a oltre 30 volte superiori alle pensioni minime, introdotto dal Governo Letta con la legge Finanziaria 2014 (legge n.147/2013) per il triennio 2014-2016, respingendo le varie questioni di costituzionalità ed “escludendone la natura tributaria e ritenendo che si tratti di un contributo di solidarietà interno al circuito previdenziale, giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema”. La penalizzazione colpisce, con un taglio del 6%, gli assegni previdenziali di importo annuo compreso (valori 2016) tra 91.343,99 e 130.491,40 euro; il taglio sale al 12% per gli importi tra 130.491,41 e 195.737,1 euro; arriva al 18% per gli importi superiori. Una decurtazione la cui legittimità costituzionale è stata messa in dubbio da sei ordinanze di varie sezioni regionali della Corte dei Conti sulla scorta dei ricorsi presentati da ex magistrati, ex professori universitari e dirigenti di enti pubblici e privati non comprendenti Federmanager.
Alberto Brambilla considera: «La decisione della Consulta molto preoccupante perché giustifica il prelievo sulle pensioni riconoscendo da un lato che si tratta di un sacrificio, ma siccome i soggetti colpiti sono “abbienti” in quanto percepiscono una pensione elevata, quel sacrificio è sopportabile. È un concetto pericoloso perché conferisce un autorevole precedente a chi continua ad affermare che “i soldi si prendono dove ci sono”. È come dire che se un cittadino ha tre case, una la si può sottrarre per darla a chi non l’ha. Ciò lede il principio di uguaglianza nei confronti dello Stato, di certezza del diritto
Con questa sentenza i concetti stessi di proprietà privata e di libertà individuale sono molto a rischio. Entrando nel merito scopriamo che i “colpiti” dal contributo di solidarietà sono solo 45.503 e rappresentano lo 0,28% del totale dei 16,259 milioni di pensionati del 2014. Questa piccola quota di contribuenti, ininfluente numericamente sotto il profilo elettorale, può ben subire la “vessazione” e poco interessa se la pensione è frutto dei contributi versati. 
Inoltre la manovra del Governo Letta ha sapore d’invidia sociale perché nella migliore delle ipotesi il contributo ammonta a 230 milioni di euro, un contributo insignificante per lo Stato rispetto al fabbisogno prodotto da chi le tasse e i contributi non li hai mai pagati. Infatti il 53% del totale dei pensionati è assistito totalmente o parzialmente dallo Stato e quindi da tutti noi; per dare la pensione agli oltre 8 milioni che arrivati a 66 anni non hanno versato neppure 15 anni di contributi, la collettività si carica di un costo di oltre 48 miliardi; ben differente dai 230 milioni!. 
Ma ci si chiederà: perché solo poco più di 45 mila pensionati? Perché nel 2014 sono solo 78.000 gli italiani che hanno dichiarato redditi superiori a 200.000 euro, e secondo le nostre stime questi soggetti riceveranno una pensione che sarà pari a circa 50% della media decennale dei redditi e non al 70% come avviene per chi ha redditi più bassi. Pensiamo di poter mantenere il nostro welfare generoso in queste condizioni? E al prossimo giro mettiamo il contributo di solidarietà anche a quelli che prendono 3.000 euro lordi di pensione per fare un po’ di cassa?». 
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013

I più visti

La svalutazione delle pensioni in Italia

Accorato intervento del Presidente CIDA alla conferenza stampa del 17 settembre 2025
01 novembre 2025

Hackerare una password? Facilissimo!

Il primo elemento che dobbiamo tenere sempre ben in mente è che sfortunatamente le password di otto caratteri non sono più sicure come nel passato
01 ottobre 2023

Tagliare le pensioni: un cantiere che non si ferma mai

Quelli che erano stati presentati come provvedimenti temporanei si sono trasformati, con il passare del tempo, in regole stabili. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: anno dopo anno il potere d’acquisto dei pensionati del ceto medio è stato progressivamente eroso. Il grafico – nell’articolo - lo racconta con chiarezza: un cantiere sempre aperto, dove ogni governo ha lasciato la sua impronta fatta di tagli, blocchi e riduzioni. Nel frattempo, sono in corso i lavori per preparare la prossima Legge di Bilancio, quella del 2026. Non sappiamo quali sorprese saranno riservate ai pensionati; ciò che invece conosciamo bene è quello che è accaduto negli anni passati. E non si tratta di un episodio isolato, ma di una storia che si ripete da troppo tempo. Per questo i pensionati non possono più limitarsi ad assistere, come spettatori, ai lavori di questo interminabile “cantiere”. È il momento di assumersi responsabilità collettive: unirsi, stringere alleanze, partecipare alle iniziative di tutela che saranno messe in campo. Perché i diritti non sono mai acquisiti una volta per tutte: resistono solo se vengono difesi, giorno dopo giorno
01 novembre 2025

Pensioni sotto attacco: la svalutazione continua

Da oltre venticinque anni le pensioni sono nel mirino: manovre di bilancio e decreti hanno stravolto la perequazione, riducendo il potere d’acquisto e colpendo soprattutto chi ha versato di più. Non è difesa di privilegi, ma di diritti: la pensione non è più un porto sicuro, e senza partecipazione attiva il peso del risanamento continuerà a gravare sui pensionati
01 novembre 2025