Pensioni: tra il dire ed il fare c’è di mezzo …. il fare
Esprimiamo tutta la nostra insoddisfazione e profonda indignazione dinanzi alla manovra che si sta attuando a danno dei pensionati
Mino Schianchi
Vicepresidente ALDAI-Federmanager
Il 15 novembre all’Assemblea CIDA abbiamo ascoltato gli esponenti della nuova maggioranza e del nuovo Governo dire che il “merito” era il driver delle loro iniziative politiche e di governo, (hanno persino aggiunto la parola “merito” alla dicitura del Ministero della Pubblica Istruzione) ma di pensioni non ne hanno parlato. Silenzio assoluto sul taglio alla rivalutazione delle pensioni oltre le 4 volte il minimo, ma la bomba era già pronta allo sgancio sul capo dei pensionati. Come al solito: non dire per poi colpire.
Il Governo parla di merito ma poi non ne tiene conto quando si occupa di adeguamento delle pensioni all’inflazione. Infatti la nuova legge di stabilità prevede una rivalutazione piena sino a circa 2100 euro di pensione mensile e tagli progressivi sopra questa soglia, fino ad applicare un irrisorio 35% sugli importi superiori ai 5250 euro.
La perequazione automatica per adeguamento all’inflazione che il Governo intende applicare segue il seguente schema:
- Rivalutazione trattamento minimo (TM): 120%.
- Rivalutazione fino a 4 volte il TM: 100%.
- Rivalutazione fino a 5 volte il TM: 80%.
- Rivalutazione tra 5 e 6 volte il TM: 55%.
- Rivalutazione tra 6 e 8 volte il TM: 50%.
- Rivalutazione tra 8 e 10 volte il TM: 40%.
- Rivalutazione oltre 10 volte il TM: 35%.
Durante l’Assemblea CIDA abbiamo sottolineato più volte l’esigenza di valorizzare il “merito”. Purtroppo nelle elaborazioni del Governo proprio il “merito” è stato calpestato, soprattutto a danno di quei cittadini Italiani che sono i pensionati. Non è stato tenuto conto che le pensioni più elevate derivano da contributi altrettanto elevati.
Contributi versati da lavoratori impegnati in attività che, per le loro caratteristiche di responsabilità, professionalità e rischio sono state adeguatamente remunerate. L’INPS non regala nulla, calcola le pensioni in base ai contributi versati ed agli anni di lavoro accumulati prima dell’uscita dal mondo del lavoro.
Anche se l’inflazione colpisce tutti, indipendentemente dalla pensione percepita, il nuovo Governo, inseguendo la staffetta avviata dai Governi precedenti si appresta a ridurre ulteriormente la già parziale perequazione delle pensioni medio-alte. Continua con il sistema per fasce anziché ripristinare quello a scaglioni. Priva così i percettori di pensioni medio-alte della valorizzazione di cui avrebbero diritto ai fini del recupero dell’inflazione. Il meccanismo di adeguamento delle pensioni al costo della vita applicabile per i prossimi due anni (poi si vedrà se resta temporaneo), chiarisce, con un’evidenza che non poteva essere più vistosa, lo scarso rispetto che il Governo intende esprimere verso le alte professionalità.
Prendiamo atto con rincrescimento… di questa valutazione e dell’ulteriore mazzata che si intende infliggere ai pensionati. E, soprattutto, del fatto che ormai le pensioni medio alte costituiscono il “bancomat” sempre aperto da cui i Governi di turno intendono attingere risorse per far fronte alla spesa pubblica.
Come risulta dalla tabella sopra riportata dal 1996 al 2022 (Fonte PensioniOggi.it) la frequente reiterazione di interventi legislativi tendenti a inficiare il meccanismo perequativo, hanno intaccato i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su parametri costituzionali quali la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita. Le sospensioni o i peggioramenti del meccanismo perequativo hanno un effetto devastante sulle pensioni: determinano perdite del potere di acquisto non più recuperabili perché hanno un effetto trascinamento, anno su anno, per tutta la vita del pensionato, con esiti regressivi che si ripercuotono, ovviamente, anche sui trattamenti di reversibilità.
Siamo in uno stato di diritto: tutti dovrebbero meritare il dovuto rispetto. Anche i pensionati. E anche per i pensionati dovrebbe valere la regola che i dispositivi secondo i quali vengono corrisposti gli assegni non dovrebbero cambiare come banderuole al vento, ad ogni cambiamento di Governo.
Le nostre organizzazioni sindacali, CIDA e Federmanager, sicuramente vorranno portare le nostre istanze nel dibattito parlamentare per far presente tutta la nostra insoddisfazione e anche la nostra profonda indignazione dinanzi alla manovra che si sta perseguendo a nostro danno. In quella sede e sui tavoli di Governo sarà necessario far valere le ragioni per la quali il meccanismo che si intende adottare è sperequato. Sarà fondamentale dimostrare come quel meccanismo sia ingiusto e, ormai, intollerabile visto il numero di volte che è stato sospeso e modificato in peggio.
Infine, se la politica al riguardo farà orecchie di mercante, non dovremo essere timidi nell’intraprende tutte le altre strade di opposizione democratica, senza escludere ricorsi nelle sedi giudiziarie.
01 dicembre 2022