Perequazione: due pesi e due misure

Basta con i tagli alle pensioni. Basta con i continui attacchi a una minoranza di pensionati

Mino Schianchi

Vicepresidente ALDAI-Federmanager
Il taglio dei vitalizi per gli ex parlamentari fu adottato nel 2018, quando fu deciso che l’assegno di base fosse calcolato con il metodo contributivo e non con il metodo retributivo. Ora quel taglio per gli ex senatori viene eliminato. Lo ha deciso, il 5 luglio 2023, il Consiglio di garanzia del Senato (Organo che decide in via definitiva su tutte le questioni che riguardano i senatori, compresa quella del vitalizio). La Delibera ha stabilito "la cessazione degli effetti della Delibera 6 del 2018 a far data dal 13 ottobre 2022". La storia dei vitalizi parlamentari si porta dietro una lunga scia di polemiche politiche, di dibattiti e talk show. E pronunce giudiziarie (Corte Costituzionale, Consiglio di Stato). 

Non ci pare opportuno qui entrare nella polemica: vitalizi si/vitalizi no; non ci interessa riprendere gli argomenti pro o contro la decurtazione disposta nel 2018. La materia merita essere trattata da specialisti e, comunque, nelle sedi della politica. 

Il principio dei “tre anni”

Qui però ci interessa un’altra cosa. C’interessa, in modo particolare, prendere nota della motivazione che ha portato al ripristino dei vitalizi. Il Presidente del Consiglio di garanzia del Senato ha detto: “Abbiamo rimesso le cose in regola secondo quanto ci ha suggerito il Consiglio di Stato e secondo la strada tracciata dalla Corte Costituzionale per i tagli alle pensioni d’oro che devono prevedere un tempo limitato di riduzione. Anzi, secondo questi criteri il taglio non potrebbe superare tre anni. Noi siamo arrivati a cinque anni e da ottobre 2022 diciamo basta. La Delibera del 2018 era stata fatta male e andava approvata una legge, come ha ribadito anche il Consiglio di Stato. Se questo Parlamento vuole tagliare i vitalizi occorre fare una legge, non una semplice Delibera del Consiglio di presidenza del Senato o della Camera. Comunque la nostra decisione farà giurisprudenza e sono certo si adeguerà anche la Camera” (vdì. La Repubblica, 7 luglio 2023). 

È un Organo parlamentare che fonda la sua decisione sul principio in base al quale non si possono applicare misure restrittive sugli assegni quando oltrepassano i tre anni, sia che si tratti di “vitalizi”, sia che si tratti di “pensioni” corrisposte a quelli che, con espressione denigratoria, vengono detti “pensionati d’oro”. 

Un principio e due diversi criteri di applicazione

Gli assegni corrisposti a questi ultimi sono ben lontani dai vitalizi, per motivi che qui sarebbe troppo lungo descrivere. Ma prendiamo atto che un Organo del Parlamento ha fatto propria la regola suggerita dalla Corte Costituzionale che, cioè, non sono ammissibili misure che riducono gli assegni (vitalizi o pensioni) per un periodo superiore a tre anni. Infatti, avvalendosi di questa regola, ha ripristinato quei vitalizi che altrimenti avrebbero subito tagli vita natural durante degli interessati e degli aventi diritto alla reversibilità. Prendiamo atto, per ricordare che questa Rivista (questo articolo intende riassumere i tanti interventi sulla materia) ha già fatto riferimento alla decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della norma con la quale viene disposta la riduzione dei trattamenti pensionistici (c.d.” contributo di solidarietà), «per la durata di cinque anni», anziché «per la durata di tre anni» (Sent. Corte Cost. n.234/2020); e, nel contempo, per ribadire che sospensioni o applicazioni peggiorative del meccanismo di perequazione automatica delle pensioni determinano un effetto trascinamento che va oltre i tre anni, riducendo il potere d’acquisto delle pensioni vita natural durante del pensionato. (Al riguardo v. in questa Rivista, fra gli articoli più recenti: Noi pensionati non ci arrendiamo!, Effetto trascinamento: la continua erosione delle pensioni e A difesa delle pensioni: i ricorsi, la politica). Purtroppo il principio è stato applicato solo alle riduzioni attuate mediante i c.d. “contributi di solidarietà”, mentre non è stato esteso alle riduzioni praticate mediante la manipolazione del meccanismo di perequazione che determina, come detto, perdite che vanno ben oltre i tre anni. (Salvo un caso: v. Sentenza n. 87 del 22 dicembre 2020 della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale Umbria). 

Ora diciamo basta 

Però ora, come detto, è un Organo parlamentare che fa proprio il principio dei tre anni per ripristinare i “vitalizi” secondo la regola che era stata abolita con Delibera del 2018. E sostiene che essendo stata applicata la decurtazione sui vitalizi per cinque anni, ora occorre dire “Basta”. 

Se questa è la regola, se il ripristino dei vitalizi ha trovato aggancio a quel principio richiamato dalla Corte Costituzionale relativo ai trattamenti pensionistici, in base al quale è illegittima una riduzione dei trattamenti pensionistici per una durata superiore a tre anni, quel “Basta” lo diciamo anche noi. Anzi, lo diciamo a maggior ragione “Baaaaasta” come lo andiamo ribadendo, e da molti anni, in ogni circostanza e in ogni sede, quando ce ne viene offerta l’occasione. E siamo convinti che siano in molti a farlo, visto che questi sono gli unici strumenti di cui disponiamo per far sentire la nostra voce. Perché noi pensionati, da oltre 20 anni (non cinque) siamo stati sottoposti alla riduzione delle nostre pensioni mediante l’applicazione di 5 (cinque) c.d. “contributi di solidarietà” (di cui uno per 6 anni – 2012/2017 – solo a carico di ex iscritti a Fondi speciali quali ex Fondi Volo, Telefonici, Elettrici, Ferrovieri, Ferrotranvieri, Inpdai, tutti confluiti nell’Inps); e abbiamo subito, negli stessi anni, una più pesante falcidia delle pensioni, mediante 7 (sette) disposizioni che hanno bloccato o modificato in peggio il meccanismo di adeguamento della pensione al costo della vita (perequazione), con perdite che proseguono negli anni, moltiplicandosi, vita natural durante del pensionato, e con effetti anche sulle pensioni di reversibilità. 

Nell’articolo di questa Rivista È giunta l'ora dei ricorsi giudiziari... la sfida, è stato segnalato che CIDA e Federmanager hanno deciso di dare avvio ai ricorsi giudiziari. Ci attendiamo che il principio cui ha fatto riferimento il Consiglio di garanzia del Senato per ripristinare i vitalizi sia tenuto nella dovuta considerazione nelle sedi giudiziarie e che, come auspicato dallo stesso Consiglio, faccia giurisprudenza. Più concretamente, ci attendiamo che il legislatore di turno prenda nota della regola del limite dei tre anni utilizzata per evitare che i vitalizi subissero perdite permanenti e ne tenga debito conto anche ai fini degli interventi sul meccanismo di perequazione. Ne tenga conto per trarne tutte le conseguenze che si determinano a carico della solita minoranza marginale di pensionati: perdite devastanti, perché si tratta di perdite anche esse permanenti e mai più recuperabili. 

Due pesi e due misure

Sarebbe quantomeno incomprensibile, se non inquietante, infatti, vedere l’utilizzazione del principio a seconda dei soggetti cui viene applicato. Per usare un’espressione corrente, usando due pesi e due misure: una per dentro (i vitalizi, per i membri del Parlamento) e l'altra per fuori (le pensioni, per i comuni cittadini). 

Concludiamo ribadendo quello che abbiamo scritto in un precedente articolo (v. Riforma delle Pensioni: la perequazione dimenticata): “appare chiaro che le continue sottrazioni di reddito ai pensionati non hanno risolto e non risolveranno i problemi della finanza pubblica. Perché l’insufficienza delle risorse non può essere colmata non adeguando le pensioni al costo della vita. Ci sono altri modi per recuperare risorse, senza scaricare sui pensionati le difficoltà del bilancio previdenziale e, soprattutto, le criticità della finanza pubblica”.
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