Anche nella comunicazione, 3 è il numero perfetto
Pullulano libri, bigini e manuali su come veicolare al meglio i nostri messaggi. In realtà è sufficiente seguire 3 regole d’oro: selezionare, ripetere e strutturare.
Alessandra Colonna
Bridge Partners®
Già nel primo secolo avanti Cristo, la Scuola Pitagorica aveva suggerito che il numero perfetto fosse il 3. Non è quindi un caso che il 3 sia il numero perfetto anche per comunicare in modo efficace. Sono 3 le regole base che dobbiamo seguire per essere sicuri che il nostro messaggio venga recepito, compreso e ricordato dal nostro interlocutore. E questo sia in un contesto formale, ossia quando usiamo una presentazione o un supporto visivo preparati per tempo, sia nella situazione opposta, ossia informale. Che cosa dire e come dirlo diventa fondamentale.
Ecco quindi che ritorniamo al punto di partenza, ovvero alle 3 regole d’oro che possono fare davvero la differenza nel comunicare:
- selezionare;
- ripetere;
- strutturare.
Partiamo ovviamente dalla prima, selezionare. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. Se non facciamo noi una cernita delle cose che abbiamo in mente, lo faranno comunque i nostri ascoltatori. “Bisogna eliminare non solo le azioni ma anche i pensieri non necessari, perché così non terranno loro dietro, come inevitabile conseguenza, neppure azioni inutili”, era il pensiero di Marco Aurelio.
E se il paragone vi sembra troppo desueto, sappiate che anche Steve Jobs, uno che di comunicazione ne sapeva, quando presentava i suoi prodotti, era solito selezionare pochi concetti, al massimo 3. Guarda caso. “Il cervello di un uomo si presenta inizialmente come una soffitta: occorre scegliere i mobili con cui riempirla. È sciocco colui che ci mette dentro qualsiasi oggetto”, sentenziò a suo tempo anche Sir Arthur Conan Doyle, con Edgar Allan Poe il padre di due generi letterari, il giallo e il fantastico.
Bisogna quindi operare una cernita e 3 è il numero massimo dei concetti che possiamo sperare in maniera ragionevole di riuscire a comunicare in un’unica occasione. E difatti di 3 elementi sono composti moltissimi esempi e casi che usiamo quotidianamente. Qualche esempio? L’ABC di una lingua, “Tizio Caio e Sempronio”, “Pronti, partenza... via!”, “Non c’è 2 senza 3”, “Qui Quo Qua”... ma, siamo sicuri, potremmo andare avanti ancora a lungo.
Vi abbiamo convinto? Quantomeno possiamo ragionevolmente credere che vi ricorderete questa buona prassi. Da cosa questa sicumera, vi chiederete voi? Semplice, l’abbiamo ripetuta più volte. E qui entra in gioco la seconda regola della comunicazione: ripetere. Sì, avete capito bene, ripetere! Il che non contraddice per nulla il primo punto, quello della cernita, ma anzi lo rinforza. Per questo, quando è importante che l’altro interiorizzi con precisione ciò che avete in mente, assicuratevi di dirlo... ma anche di ripeterlo. Più volte se necessario e persino con modi e strumenti diversi in contemporanea. Del resto, senza scomodare Platone, il quale sosteneva che “non vi è nulla di male nel ripetere una buona cosa”, o addirittura lo stesso Jobs, che anche nella ripetizione dei concetti ha fatto scuola, pensiamo ai bambini: qual è la loro strategia, tanto semplice quanto vincente, quando vogliono qualcosa? Dirlo, ridirlo e ridirlo ancora. Alzi la mano chi non è solito cedere, non fosse altro che per esasperazione!
La terza e ultima regola consiste nello strutturare ciò che abbiamo in testa, dando “un’impalcatura solida” alle nostre idee. Così mettiamo in comunicazione i due emisferi del cervello, quello sinistro più razionale e quello destro più emotivo, il che permetterà al nostro messaggio di essere efficace.
Pensare con chiarezza rende più chiara la nostra comunicazione. Ed è per questo che dobbiamo imparare a organizzare mentalmente una sequenza logica in cui ogni idea si collega in maniera coerente alla successiva. I latini parlavano a proposito di “momentum”, gli inglesi di “link”. Poco cambia: l’importante è passare da un concetto all’altro senza soluzione di continuità, facendo in modo che il nostro interlocutore non se ne accorga neppure, quasi fosse una partita di tennis. E, giusto per rimanere in tema, Tracy Austin disse sul collega Federer: “Non ho mai apprezzato qualcuno che giocasse a tennis tanto quanto apprezzo Federer... è così aggraziato, elegante e fluido... una sinfonia in completo da tennis. Roger può eseguire colpi che dovrebbero essere dichiarati illegali”. Geniale.
01 novembre 2017