L’organizzazione del lavoro dopo la pandemia

L’eredità del Covid-19 rischia di essere pesante. I mercati cambieranno pelle, i modelli organizzativi volto e il mondo del lavoro deve attrezzarsi subito. Come?

Elena Panzera

Presidente AIDP Lombardia e HR Vice President EMEA SAS
Per me le parole chiave per uscire dalla crisi cogliendone alcune importanti opportunità sono: nuova organizzazione del lavoro, formazione e valorizzazione delle Risorse. L’obiettivo di trasformare il remote-working come risposta alla pandemia in smart-working come nuovo modello culturale a mio avviso deve essere una priorità. 

La tendenza ad adottare modalità di lavoro flessibile era un fenomeno in ascesa già prima della pandemia. Secondo Linkedin, le richieste di lavoro flessibile registravano infatti un trend in aumento già dal 2013; tra il 2016 e il 2018, le offerte di lavoro pubblicate con menzione di opzioni di lavoro flessibile sono cresciute del 78%. Questa domanda è cresciuta sulla scia delle esigenze di vita dei millennials improntate a flessibilità, autonomia ed equilibrio tra vita privata e lavoro. Inoltre, il costo della vita nei grandi centri urbani, in particolare il costo delle abitazioni, non accompagnato da una crescita proporzionale dei salari reali, che spinge molti lavoratori verso le periferie. Infine, la digitalizzazione, accompagnata dalla pervasività di strumenti e piattaforme di collaborazione e lavoro da remoto, ha consentito a un numero crescente di aziende di accogliere le richieste di maggiore flessibilità da parte dei dipendenti. 

Tutti questi segnali confermano le previsioni su quella che sarà una caratteristica dominante negli scenari sul futuro del lavoro: una nuova organizzazione basata su una “forza lavoro distribuita”, abilitata dal cloud. 

Questo modello di organizzazione prevede che le Persone, non svolgono le loro attività da una sede aziendale, ma da sedi remote (abitazioni o spazi di coworking) connesse tramite un network aziendale che utilizza strumenti e piattaforme di collaborazione e comunicazione. 

Per tante aziende la gestione di questa nuova organizzazione rappresenterà una sfida molto complessa. Per molte altre significherà gestire l’accelerazione, causata dalla pandemia, di un processo di trasformazione avviato da tempo. Per uno piccolo gruppo di aziende invece non cambierà nulla. Sono quelle che con largo anticipo, rispetto al contesto attuale, hanno costruito il proprio modello di business fondandolo proprio sull’applicazione del concetto di distributed workforce: sono le aziende ‘distribuite’. 

Dobbiamo guardare ad aziende come Invision o Automattic se vogliamo comprendere cosa vuol dire avere un’azienda senza un baricentro fisico. Probabilmente le aziende avranno sempre più spesso una sede centrale e il personale potrà però lavorare da dove vuole. Si organizzeranno una serie di incontri annuali che servono per la condivisone di strategie, obiettivi e anche per la creazione di quello spirito di squadra che non può non passare per il contatto tra le persone.

La sfida della gestione di una forza lavoro distribuita presenta sicuramente alcune criticità: sviluppare un senso di appartenenza, di coesione, per esempio, non è semplice. Allo stesso modo, anche l’intero processo di costruzione di una cultura aziendale presenta delle complessità significative. Eppure, gli esempi virtuosi abbondano.
Per consolidare lo smart working nell'era post-Covid bisogna investire sul capitale umano e ripensare i modelli organizzativi e di leadership, in modo da ridisegnare una nuova normalità ibrida con un mix tra lavoro virtuale e in presenza. Il cambiamento passa attraverso la formazione e la valorizzazione delle Risorse. Da nuovi modelli di leadership. Bisogna progettare ora, con una visione a medio lungo termine, una nuova normalità 'ibrida', con un mix tra virtuale e in presenza. Dobbiamo normalizzare ciò che in questa fase abbiamo gestito in fase emergenziale, ad esempio gestendo meglio i tempi di vita lavorativa e familiare.

Gli strumenti per farlo sono una legislazione leggera (ma certa) e dare spazio alla contrattazione collettiva di anticipo.

Anche i modelli di leadership pre-virus non saranno più vincenti. I leader che possano accompagnare le organizzazioni e le Persone attraverso le nuove sfide dovranno:
  • avere una vision molto chiara, sapendo diagnosticare i propri punti di forza e di debolezza e immaginando di far fronte ai secondi con riconversioni aziendali, partnership aggregazioni, acquisto di know-how;
  • saper valorizzare i collaboratori e le loro competenze basando il loro stile di gestione su autonomia e responsabilità, e improntando la valutazione della prestazione su obiettivi e non su logiche di comando e controllo;
  • saper analizzare lo scenario e l’arena competitiva di riferimento con uno spiccato senso del problem solving,;
  • avere la capacità di mobilitare le risorse aziendali, soprattutto umane, attorno ad una progettualità chiara, definita e comunicabile;
  • essere capaci di sapersi esprimere in un contesto senza certezze e instabile;
  • saper anticipare i cambiamenti, sapendoli affrontare per trasformarli in opportunità, ascoltando le esigenze delle persone e dei mercati di riferimento mantenendo la flessibilità organizzativa e una coerenza con i valori aziendali.
Rimane, in ultimo, la questione delle infrastrutture: durante il lockdown le reti di telecomunicazione sono state la spina dorsale dell'Italia su cui abbiamo riversato tutta la nostra attività familiare, professionale e sociale, ma ci siamo accorti che il Paese si è diviso in due, tra chi aveva accesso alle infrastrutture digitali e chi no. Per questo, se vogliamo che il Paese riprenda a correre, dobbiamo dare pari opportunità digitali a tutti i cittadini. 

La grande ripartenza sarà possibile solo se affronteremo la sfida che ci troviamo di fronte pensando a un futuro in cui le aziende e le istituzioni coniugheranno il perseguimento dei propri fini con la generazione di valore condiviso. Ognuno di noi, come lavoratori e leader di aziende, deve fare la sua parte. Ora.
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