L’ombra e la luce
De la Tour e l’esperienza caravaggesca europea
Silvia Bolzoni
Aprirà a Palazzo Reale il 7 febbraio 2020 la prima retrospettiva italiana dedicata a Georges de La Tour: l’Europa della luce. Pittore tra i più rappresentativi del caravaggismo internazionale, De la Tour (Vic-sur-Seille, 1593 – Lunéville, 1652) concentra la sua ricerca sulla luce, o meglio sul rapporto tra luce e oscurità, sulle sperimentazioni luministiche che gli resero già in vita grande fama, facendolo nominare poco prima della metà del XVII secolo Pittore del Re.
Accomunato a Caravaggio non solo in senso artistico ma anche dal temperamento, considerando che anche il francese ebbe una vita piuttosto turbolenta e caratterizzata da contrasti con la giustizia, De la Tour ritrae angeli presi dal popolo, santi senza aureola né attributi iconografici. Predilige soggetti presi dalla strada, come i mendicanti, dipingendo in generale gente di basso rango più che modelli storici o personaggi altolocati. I pochi quadri riconosciuti come autografi sono perlopiù di piccolo formato, intimi, privi di sfondo paesaggistico, notturni e, soprattutto nella presunta ultima fase artistica, quasi dei monocromi dall’impianto geometrico, semplice ma modernissimo per l’epoca.
Segnano un’epoca le sue immagini a lume di candela, dove da quella piccola fiammella si sprigiona tutta la potenza dell’immagine. Dove le ombre lunghe sono di carne quanto i protagonisti: poveracci segnati dalla vita, bambini scalzi che rivedremo ancora nel nostro Pitocchetto, analizzati con precisione chirurgica ma che qui servono a farci da guida nell’oscurità dell’animo umano e della storia.
Accomunato a Caravaggio non solo in senso artistico ma anche dal temperamento, considerando che anche il francese ebbe una vita piuttosto turbolenta e caratterizzata da contrasti con la giustizia, De la Tour ritrae angeli presi dal popolo, santi senza aureola né attributi iconografici. Predilige soggetti presi dalla strada, come i mendicanti, dipingendo in generale gente di basso rango più che modelli storici o personaggi altolocati. I pochi quadri riconosciuti come autografi sono perlopiù di piccolo formato, intimi, privi di sfondo paesaggistico, notturni e, soprattutto nella presunta ultima fase artistica, quasi dei monocromi dall’impianto geometrico, semplice ma modernissimo per l’epoca.
Segnano un’epoca le sue immagini a lume di candela, dove da quella piccola fiammella si sprigiona tutta la potenza dell’immagine. Dove le ombre lunghe sono di carne quanto i protagonisti: poveracci segnati dalla vita, bambini scalzi che rivedremo ancora nel nostro Pitocchetto, analizzati con precisione chirurgica ma che qui servono a farci da guida nell’oscurità dell’animo umano e della storia.
Un’esposizione di grande prestigio dato che nessuna delle sue opere è conservata in Italia e pochissime – circa una trentina – sono quelle a lui sicuramente attribuite. Basata quindi sui prestiti internazionali, la mostra si propone di far conoscere al pubblico italiano un grande della pittura barocca anche grazie al confronto mirato con altri maestri del suo tempo tra i quali Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot, Hendrick ter Brugghen e altri, per cercare di rispondere alle domande che ancora avvolgono l’opera di questo misterioso artista portando allo stesso tempo una riflessione nuova sulla pittura dal naturale.
Le istituzioni che hanno consentito di realizzare questa mostra sono per lo più francesi, come il Musée des Beaux-Arts di Nantes, il Museée des Beaux-Arts di Digione e il Musée départemental Georges de La Tour di Vic-sur-Seille ma troviamo anche La Maddalena penitente proveniente dalla National Gallery of Art di Washington D.C., definita dalla potente tensione emotiva, e La lotta dei musici dal Getty Museum di Los Angeles, che esprime bene il crudo realismo usato per descrivere le scene di gruppo raffiguranti la vita degli strati più umili della società, tema sempre caro all’artista.
La fortuna critica di De La Tour è tutta novecentesca, a partire da un articolo dello storico tedesco Hermann Hoss che nel 1915 lo porta alla ribalta dopo due secoli di silenzio. Ricostruire la sua opera diventa un difficile puzzle proprio perché tra Sette e Ottocento cade nell’oblio, complici le guerre che hanno devastato la regione natale dell’artista. Una caccia al documento ancora più intensa per tanti storici dell’arte che si sono messi sulle sue tracce, partendo dalla piccola città lorenese in cui nacque fino agli onori parigini.
Le istituzioni che hanno consentito di realizzare questa mostra sono per lo più francesi, come il Musée des Beaux-Arts di Nantes, il Museée des Beaux-Arts di Digione e il Musée départemental Georges de La Tour di Vic-sur-Seille ma troviamo anche La Maddalena penitente proveniente dalla National Gallery of Art di Washington D.C., definita dalla potente tensione emotiva, e La lotta dei musici dal Getty Museum di Los Angeles, che esprime bene il crudo realismo usato per descrivere le scene di gruppo raffiguranti la vita degli strati più umili della società, tema sempre caro all’artista.
La fortuna critica di De La Tour è tutta novecentesca, a partire da un articolo dello storico tedesco Hermann Hoss che nel 1915 lo porta alla ribalta dopo due secoli di silenzio. Ricostruire la sua opera diventa un difficile puzzle proprio perché tra Sette e Ottocento cade nell’oblio, complici le guerre che hanno devastato la regione natale dell’artista. Una caccia al documento ancora più intensa per tanti storici dell’arte che si sono messi sulle sue tracce, partendo dalla piccola città lorenese in cui nacque fino agli onori parigini.
SAVE THE DATE
L'incontro si terrà in ALDAI sala Viscontea Sergio Zeme - via larga 31 - Milano
giovedì 13 febbraio 2020 alle ore 17:30
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01 gennaio 2020