Perseverare non sempre… è diabolico

Il Comitato Pensionati ALDAI: non demorde e guarda avanti!

Quando ci si fissa un obiettivo, specie se ritenuto legittimo, è corretto continuare a perseguirlo con costanza e fermezza. Parlo ovviamente della “rincorsa” in atto per raggiungere un riconoscimento che riteniamo doveroso per rivendicare soprattutto la certezza del diritto.

Mario Giambone


Presidente Comitato Pensionati e Consigliere ALDAI

La nostra pervicacia nel mantenerci compatti ad insistere per sostenere le nostre ragioni, non è solo finalizzata all’ottenimento di una materiale restituzione di quanto ci viene sottratto, non è una rivendicazione solo economica, anche se pecunia non olet, oltretutto dopo aver ottemperato a quanto le leggi in vigore imponevano di corrispondere. Regolari contributi devoluti alla previdenza, versata da imprese e dirigenti in funzione di un “patto sociale” che garantisse, al termine dell’attività lavorativa, un successivo periodo nel quale poter contare su un sostegno economico, per l’ultima fase della propria esistenza, giustamente considerata quale ”retribuzione differita”.
Siamo consci che la crisi perdurante nel nostro Paese ostacola quella che dovrebbe essere l’unica cura efficace per una significativa e duratura ripresa, indispensabile a mettere in moto l’insieme produttivo che consenta una più ampia e diffusa occupazione. Non solo per dare risposte alle attese, soprattutto dei giovani, ma anche per normalizzare un sistema che trovi equilibrio e stabilità attraverso l’inserimento di nuovi soggetti nel mondo del lavoro, indispensabile per rendere maggiormente competitivo il circuito previdenziale la cui stabilità ed equilibrio – questo non va tralasciato – è fondato su di un sistema a ripartizione. Quello che viene erogato deve essere alimentato dai contributi di chi versa e cioè di chi lavora.
La previdenza, la cui nascita risale a decenni passati, costituisce un principio, non solo di natura numeraria, ma un modello civile ed anche culturale, espressione di sofisticati principi sociali propri di Paesi evoluti. Nel nostro sistema, tuttavia, si sono succedute numerose iniziative correttive finalizzate al sostegno della stabilità auspicata ma che, evidentemente, non hanno previsto il mutamento sociale. Tali effetti sono derivati dai grandi cambiamenti avvenuti, specialmente attraverso l’allungamento della vita media, benemeritamente attribuita anche al progresso farmaceutico, allo stile di vita, alla migliore alimentazione, ad un più affidabile e costante sistema sanitario, alla riduzione di lavori usuranti e… non ultimo, la mancanza di episodi bellici che, specie nell’area europea, da settant'anni non si sono più verificati.   Tutto questo ha generato una mutazione del contesto sociale, ovviamente legato a quello operativo, dove nuove figure non hanno potuto mantenere una stabile occupazione e quindi la necessità di anticipare l’accesso alla pensione. Il tutto non ha mancato di alterarne il paradigma.
Se poi si considera che si vorrebbe mantenere un modello sociale di tipo avanzato con un sistema, non solo fiscale, quantomeno alterato (si consideri l’entità del “sommerso”) da quanto risulta che ad ottemperarvi non sia molto più del 12% della popolazione, allora ci chiediamo come sia possibile mantenere unite la previdenza e l'assistenza.
Pertanto la nostra è una rivendicazione di principio, di affidabilità dell’apparato governativo il quale deve avere la suprema e primaria funzione di guidare il cittadino, di indurlo ad avere fiducia nell’opera di Governo e quindi di potersi affidare, senza timori reali o presunti di essere tradito a partita in corso, vedendosi mutare le regole con cui si è iniziato il “match”! Non si vuole specificatamente parlare di soldi, da questo punto di vista saremmo facilmente esposti al ludibrio, più di quanto non sia stato già operato di fare, in differenti forme. Come categoria non vogliamo mostrarci insensibili verso una situazione stagnante, che potrebbe anche peggiorare, ma proprio per la coerente difesa di uno Stato di Diritto rivendichiamo che sia mantenuto il principio dell'affidabilità.
Già è un fatto grave attribuire le cosiddette “pensioni d’oro” (derivate da conferimenti e pattuizioni senza alcun sostegno di contributi relativi) ai manager, insinuando nell'opinione pubblica il dubbio che anche costoro siano una sorta di beneficiati solo in virtù della loro posizione. Per questo noi parliamo in difesa dei dirigenti, quelli veri, quelli che hanno raggiunto tale figura per merito ed impegno, per quanti di loro hanno anteposto il desiderio di migliorare la propria posizione lavorativa, magari studiando e laureandosi lavorando, quelli che hanno sentito ed alimentato il senso del dovere, senza avere orari di lavoro, tempo per completare le ferie e altro ancora.
Per questi motivi ed anche per mostrarci uniti e risoluti, continuiamo il nostro cammino associativo che, desidererei rimarcare, non può essere basato su di un “arido“ rapporto di do ut des – aderisco per ottenere un vantaggio – noi dobbiamo mostrare lo stesso impegno dimostrato negli anni svolti al lavoro, con spirito di coerenza e con senso di compattezza, come da qualche tempo si dice: "fare squadra". Questo sentimento l’abbiamo manifestato a Milano lo scorso dicembre 2015, in un incontro mirato a discutere di pensioni; se sarà necessario saremo pronti a rifarlo per testimoniare le nostre opinioni a sostegno di quanto riteniamo giusto. Confido che tali opinioni siano largamente condivise e, nel frattempo, valga l’esortazione che si usa nel gioco del biliardo: "calma e... gesso!"
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013

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